Grazie per la risposta molto opportuna. Grazie anche per il collegamento al mio sito. Sarebbe interessante il parere degli altri rappresentanti delle diverse realtà locali appartenenti a questa fascia di riferimento: Scigliano, Carpanzano, Carlopoli, Pedivigliano, Bianchi, Petronà, Arietta, Castagna, Cerca, Colosimi, Decollatura, Feroleto, Miglierina, Motta S. Lucia, Pagliarelle, Panettieri, Parenti, Platania, Savelli, Serrastretta, Sersale, Soveria e Mandatoriccio.
Per la scrittura della f, seguendo le indicazioni di Accattatis poi sempre seguite da Pane, si deve usare solo la f e basta. Certo che sarebbe utile in un’opera di divulgazione indirizzata anche a chi non conosce il suono della f aspirata, inserire una breve guida all’inizio o alla fine, ma quante indicazioni bisognerebbe inserire? No è solo la f ma anche la j, la s, insomma tutto. Comunque una piccola guida è sempre stata inserita alla fine delle opere in dialetto per cui la ritengo utile. Riprendendo quanto ho detto nel mio intervento, credo sia indispensabile redigere un vocabolarietto cioè una raccolta ai fini ortografici delle parole nel proprio dialetto, a prescindere dall’etimologia e dalle origini delle parole stesse che è il lavoro di Trumper e altri. Se non utilizziamo per tempo il giacimento culturale presente nelle persone di una certa età, richiamo di perdere per sempre la prova della esatta maniera di pronunciare le parole.
Carissimo professore Musolino grazie ancora per la quantità di notizie offerte al convegno sul dialetto. Come già anticipato avrei voluto rimanere sino alla fine ma mi è stato impossibile vista la distanza chilometrica tra le diverse realtà della nostra Calabria dovendo rientrare in serata a Rossano. Ma andiamo all’oggetto della mia domanda che riguarda l’uso della f nello scrivere le parole in dialetto soprattutto nella nostra zona di riferimento ossia del Reventino-Savuto fascia di territorio che parla la stessa lingua avendo i diversi lessemi più o meno la stessa matrice di provenienza e lo stesso idioma. Io sono di Mandatoriccio posto sulle colline del basso Jonio cosentino. Il mio paese è l’unico in un territorio fortemente influenzato dalla bizantinità di Rossano e dalla presenza dei Normanni che nel pronunciare la f l’aspira. Il problema però non riguarda la pronunzia ma bensì come le parole con la f in una composizione dialettale devono essere scritte. Io sono convinto che vanno scritte con la f ad esempio: fùacu, foculàru, fìmmina, fiscella, fìcu, fàscia ecc. Tuttavia poiché le composizioni arrivano anche ad altre persone che non conoscono il dialetto sarebbe utile informarle con delle note come queste parole vanno pronunciate. Riguardo a quanto sopra mi dai conferma oppure ci sono altri modi per potersi muovere in questi casi eventualmente anche con altre lettere? Ho chiesto ciò perché è frequente incontrare parole scritte con la h al posto della f. A me non pare sia corretto. Grazie Franco Emilio Carlino
Figura universale, l’archetipo dell’anima femminile nella quale alberga la gratuità dell’agàpe. Così la scomparsa di tale simbolo inonda dì nostalgia e di emozione, restando intatta la sua capacità di riaccendere la fiammata che per attimi eterni riscalda i cuori e illumina gli occhi.
Thank you very much for this story I am Olga Grandinetti’s son and Angelo Grandinetti’s grandson.
I am very proud to see that and did not know about this amazing and nice story.
Antonio Parisse
Grazie per questo contributo dettagliato alla ricostruzione di memorie storiche, ben venga il recupero e la diffusione di una storia della Calabria che restituisca identità e consapevolezza positiva del nostro passato. Complimenti al suo lavoro e al suo impegno al quale – come calabrese – sento di dovere riconoscenza.
Daniela Grandinetti
Congratulazioni vivissime, ad maiora semper.
Giusto riconoscimento all’autore per i contenuti e la passione trasmessi al lettore.
Con stima e affetto Maria e Saverio Bonacci
Seguendo la segnalazione del caro amico Ersilio, sono venuto a conoscenza della “Focara”, cosa che mi ha incuriosito molto.
Spero un giorno di poter vedere dal vivo la celebrazione , l’accensione in diretta della Focara.
Complimenti per l’iniziativa che riscuote interesse
Marcello .
Interessante! Spero un giorno di poter andare a Novoli e vedere questo grande falò, probabilmente il più grande del mondo.
Un saluto a tutti.
Salvatore Salamone
Premettendo di non possedere nè le vostre conoscenze ne la vostra cultura sull’argomento, guardando la fócara mi si scalda il cuore come penso a voi e tutti coloro che hanno la fortuna di parteciparvi. Volevo ringraziarvi di cuore di portare avanti con impegno e passione ciò che altrimenti andrebbe perso, perché solo sapendo da dove veniamo sappiamo dove vogliamo arrivare. È con una punta di orgoglio in più ora vi saluto e vi auguro delle bellissime e serene feste Natalizie… Kevin, un altro pugliese trapiantato a Torino…
A nome di tutti i Novolesi ringrazio l’amico Giuseppe, autore del bellissimo articolo sulla Fòcara carico di simpatia, per le belle parole che mi ha scritto e l’entusiamo espresso verso le nostre tradizioni.
Da molti anni l’evento della FòcarArte è aperto ad artisti, pittori, alla musica, ai poeti ecc…. varcando i confini per diventare patrimonio intangibile dell’Umanità.
Il Professore Giuseppe Musolino ha presentato “Michele Pane La vita”, la biografia di uno dei più grandi Poeti Calabresi, il libro narra storie e tradizioni Calabresi, e il tema dell’emigrazione al quale tutta la storia è collegata.
Michele Pane (Decollatura CZ 1876 – Chicago 1953); con questa zona della Calabria abbiamo una tradizione in comune “Il fuoco buono”. Il Poeta scrisse la famosa poesia “A fòcara” pubblicata sul libro “Viole e ortiche nel 1906”.
L’interpretazione che dai è senz’altro la più corretta. Infatti per Michele Pane, questa “canea” di persone servili e ottuse è anche peggiore del “sua Eccellenza” di turno, tanto è vero che proprio a loro è diretta l’invettiva in cui li nomina per ben due volte. Il lecchino, come giustamente dici, sarebbe stato un gradino più in su del leccapiatti e, addirittura, forse anche un livello piu su dell’Eccellenza perchè di questi si sarebbe preso gioco per suoi fini, divenendo il vero dominatore della situazione.
La poesia si apre con un mordace “Crepàti, o liccapiàtti!”. Quale è il significato di questo epiteto: “liccapiatti”?. Nell’edizione “Le poesie”, a cura di Antonio Falcone e Giuseppe Piromalli, trovo una nota esplicativa: “lecchini”, che non mi pare cogliere il vero significato del termine usato da Michele Pane, come tenterò di spiegare nel sèguito di questo breve commento.
Nella vecchia civiltà contadina, i cani erano un elemento indispensabile, perché assicuravano la guardia (soprattutto notturna) e la difesa. Durante i pasti, essi scodinzolavano girando intorno, in attesa che venisse dato loro qualcosa, come viene magistralmente descritto nella poesia “‘U piecuraru e ri cani” di Vittorio Butera.
Per quanto oggi possa apparire disgustoso e stomachevole, alla fine del pasto il piatto veniva posato a terra per accontentare il cane, a cui si consentiva di leccarlo, pulendolo completamente (naturalmente poi il piatto veniva lavato prima di essere nuovamente usato).
E’ rimasta così l’allocuzione “Cce fa lliccare ‘u piattu” per dire di uno che viene accontentato con poco, senza che gli venga consentito di partecipare ad un grande affare o ad una grande spartizione.
Credo dunque che nel termine “liccapiatti” si trasferisca una nota di estremo disprezzo: come a dire “cani!”, “servi accondiscendenti!”. Quindi, non il lecchino che cerca di avere un guadagno con una condotta servile (attraverso una scelta razionale), ma un essere inferiore per sua intrinseca ed immutabile natura.
Congratulazioni per il servizio giornalistico e grazie per le numerose citazioni dell’associazione. Speriamo di fare molta strada insieme. A presto. Franco Calomino
Il sottotitolo (vrognata in La maggiore) deriva certo da vrogna, strumento musicale eccetera ecc., usato anche dai marinai che se ne servivano, nel buio o con la nebbia, per evitare collisioni.
A Ripacandida la vrogna è una sorta di “tromba fatta dal corno della vacca”.
Il suono è grave e cupo, simile sia al corno di vacca che a quello della sirena di nave.
Nel Glossario etimologico di Luigi Telesca si legge: “Strumento musicale a bocca, usato dai pastori per richiamare armenti”.
Così anche a Nocera la vrogna era usata per chiamare anche i maiali ed il termine è ancora in uso in senso figurato e significa “grugno, muso lungo, attapirato”.
Nell’uso che ne fa Pane è chiaro il riferimento all’attapiramento che la sua “vrognata il La maggiore” avrebbe provocato al destinatario o destinatari dell’opera non ancora identificati.
La statura di Michele Pane riscontrata sul suo foglio matricolare di soldato era 1,62 metri. Non si può dire che era basso in senso assoluto, ma certamente non alto. Ne parlo a pagina 49 del libro.
D’altra parte era questo il suo punto debole perchè altrimenti, come si vede dalla famosa foto col cappello, appare un bel giovane elegante.
Poi si ingrassò eccessivamente e quindi il suo fisico dovette apparire ancora più tarchiato. Anche la precoce caduta dei capelli gli dovette provocare qualche problemino. Nella fotografia di pagina 275 è ritratto con la sua famiglia ed appare poco più alto della moglie che però è seduta.
Caro Peppe,
durante la presentazione del tuo libro a Cosenza, mi sembra che tu abbia accennato alla bassa statura di Michele Pane, che era di circa 1.65 m (non sono sicuro di avere compreso bene questo passaggio, che tu hai solo accennato). In realtà, quella statura era la statura media italiana maschile per quei tempi. La statura media odierna in Italia è di m 1.74-1.75 ( in Calabria 1.72-1.73), ma è aumentata di 1.06 cm ogni decade tra il 1895 ed il 1990. Penso dunque che per quei tempi non era basso, anzi non lo sarebbe neanche oggi visto che la Corte Costituzionale ritiene basso un uomo alto meno di 1.63. E poi il poeta era orgoglioso (“e spidu li rivali, si cci nde su”, dice in Brigantisca). Saluti affettuosi.
Venanzio
Thank you so much Mr. Falvo for visitng the grave of my granfather and granmother and for all the heartfelt commentary. I commend you on being able to find the gravesite because it is not so easy to find, I myself have had trouble in the past. Thank you for leaving flowers and for posting the video of your trip there.
Carissimo Peppe, come sempre il tuo lavoro è eccellente! Una ricerca precisa e accurata,una passione profonda che si legge tra le righe, alcune informazioni veramente originali che non conoscevo.
Complimenti
Grazie a Giovanni Falvo per aversi preso cura di visitare il posto dove riposa il grande poeta Calabrese Michele Pane.
Con la sua visita e il filmato siamo molto piu’ informati di chi era Michele Pane e dei suoi scritti. A nome di tutti i Calabresi, Grazie!
Bravo Giovanni! Come sempre sei un vero Calabrese e Italiano. Con il tuo filmato hai fatto presente a tutti di chi era Michele Pane e dei suoi scritti. Ti ringrazio a nome di tutti i Calabresi.
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Un grande gesto da te Giovanni Falvo Bravo
Grazie per la risposta molto opportuna. Grazie anche per il collegamento al mio sito. Sarebbe interessante il parere degli altri rappresentanti delle diverse realtà locali appartenenti a questa fascia di riferimento: Scigliano, Carpanzano, Carlopoli, Pedivigliano, Bianchi, Petronà, Arietta, Castagna, Cerca, Colosimi, Decollatura, Feroleto, Miglierina, Motta S. Lucia, Pagliarelle, Panettieri, Parenti, Platania, Savelli, Serrastretta, Sersale, Soveria e Mandatoriccio.
Per la scrittura della f, seguendo le indicazioni di Accattatis poi sempre seguite da Pane, si deve usare solo la f e basta. Certo che sarebbe utile in un’opera di divulgazione indirizzata anche a chi non conosce il suono della f aspirata, inserire una breve guida all’inizio o alla fine, ma quante indicazioni bisognerebbe inserire? No è solo la f ma anche la j, la s, insomma tutto. Comunque una piccola guida è sempre stata inserita alla fine delle opere in dialetto per cui la ritengo utile. Riprendendo quanto ho detto nel mio intervento, credo sia indispensabile redigere un vocabolarietto cioè una raccolta ai fini ortografici delle parole nel proprio dialetto, a prescindere dall’etimologia e dalle origini delle parole stesse che è il lavoro di Trumper e altri. Se non utilizziamo per tempo il giacimento culturale presente nelle persone di una certa età, richiamo di perdere per sempre la prova della esatta maniera di pronunciare le parole.
Carissimo professore Musolino grazie ancora per la quantità di notizie offerte al convegno sul dialetto. Come già anticipato avrei voluto rimanere sino alla fine ma mi è stato impossibile vista la distanza chilometrica tra le diverse realtà della nostra Calabria dovendo rientrare in serata a Rossano. Ma andiamo all’oggetto della mia domanda che riguarda l’uso della f nello scrivere le parole in dialetto soprattutto nella nostra zona di riferimento ossia del Reventino-Savuto fascia di territorio che parla la stessa lingua avendo i diversi lessemi più o meno la stessa matrice di provenienza e lo stesso idioma. Io sono di Mandatoriccio posto sulle colline del basso Jonio cosentino. Il mio paese è l’unico in un territorio fortemente influenzato dalla bizantinità di Rossano e dalla presenza dei Normanni che nel pronunciare la f l’aspira. Il problema però non riguarda la pronunzia ma bensì come le parole con la f in una composizione dialettale devono essere scritte. Io sono convinto che vanno scritte con la f ad esempio: fùacu, foculàru, fìmmina, fiscella, fìcu, fàscia ecc. Tuttavia poiché le composizioni arrivano anche ad altre persone che non conoscono il dialetto sarebbe utile informarle con delle note come queste parole vanno pronunciate. Riguardo a quanto sopra mi dai conferma oppure ci sono altri modi per potersi muovere in questi casi eventualmente anche con altre lettere? Ho chiesto ciò perché è frequente incontrare parole scritte con la h al posto della f. A me non pare sia corretto. Grazie Franco Emilio Carlino
Molto interessante e concreto. Una positiva esperienza.
Figura universale, l’archetipo dell’anima femminile nella quale alberga la gratuità dell’agàpe. Così la scomparsa di tale simbolo inonda dì nostalgia e di emozione, restando intatta la sua capacità di riaccendere la fiammata che per attimi eterni riscalda i cuori e illumina gli occhi.
Grazie per la grande emozione!
Thank you very much for this story I am Olga Grandinetti’s son and Angelo Grandinetti’s grandson.
I am very proud to see that and did not know about this amazing and nice story.
Antonio Parisse
Grazie!
Siamo orgogliosi che un decollaturese sensibile come Te abbia reso omaggio ad un poeta come Michele Pane anche a nome di tutti noi.
Thank you very much for this beatiful part of our history.
Grazie per questo contributo dettagliato alla ricostruzione di memorie storiche, ben venga il recupero e la diffusione di una storia della Calabria che restituisca identità e consapevolezza positiva del nostro passato. Complimenti al suo lavoro e al suo impegno al quale – come calabrese – sento di dovere riconoscenza.
Daniela Grandinetti
Congratulazioni vivissime, ad maiora semper.
Giusto riconoscimento all’autore per i contenuti e la passione trasmessi al lettore.
Con stima e affetto Maria e Saverio Bonacci
Seguendo la segnalazione del caro amico Ersilio, sono venuto a conoscenza della “Focara”, cosa che mi ha incuriosito molto.
Spero un giorno di poter vedere dal vivo la celebrazione , l’accensione in diretta della Focara.
Complimenti per l’iniziativa che riscuote interesse
Marcello .
Interessante! Spero un giorno di poter andare a Novoli e vedere questo grande falò, probabilmente il più grande del mondo.
Un saluto a tutti.
Salvatore Salamone
Premettendo di non possedere nè le vostre conoscenze ne la vostra cultura sull’argomento, guardando la fócara mi si scalda il cuore come penso a voi e tutti coloro che hanno la fortuna di parteciparvi. Volevo ringraziarvi di cuore di portare avanti con impegno e passione ciò che altrimenti andrebbe perso, perché solo sapendo da dove veniamo sappiamo dove vogliamo arrivare. È con una punta di orgoglio in più ora vi saluto e vi auguro delle bellissime e serene feste Natalizie… Kevin, un altro pugliese trapiantato a Torino…
A nome di tutti i Novolesi ringrazio l’amico Giuseppe, autore del bellissimo articolo sulla Fòcara carico di simpatia, per le belle parole che mi ha scritto e l’entusiamo espresso verso le nostre tradizioni.
Da molti anni l’evento della FòcarArte è aperto ad artisti, pittori, alla musica, ai poeti ecc…. varcando i confini per diventare patrimonio intangibile dell’Umanità.
Il Professore Giuseppe Musolino ha presentato “Michele Pane La vita”, la biografia di uno dei più grandi Poeti Calabresi, il libro narra storie e tradizioni Calabresi, e il tema dell’emigrazione al quale tutta la storia è collegata.
Michele Pane (Decollatura CZ 1876 – Chicago 1953); con questa zona della Calabria abbiamo una tradizione in comune “Il fuoco buono”. Il Poeta scrisse la famosa poesia “A fòcara” pubblicata sul libro “Viole e ortiche nel 1906”.
Il Professore Giuseppe sul sito https://www.michelepane.it chiarisce l’etimologia del termine “Fòcara”.
Un saluto e un augurio di Buon Natale e Felice anno nuovo a te e alla famiglia e agli amici Calabresi.
( lasciare un commento)
Eccezionale, hai sottolineato e valorizzato sapientemente
l’essenza degli eventi.
Lo stampo e lo metto all’interno della sede
Grazie di cuore!
L’interpretazione che dai è senz’altro la più corretta. Infatti per Michele Pane, questa “canea” di persone servili e ottuse è anche peggiore del “sua Eccellenza” di turno, tanto è vero che proprio a loro è diretta l’invettiva in cui li nomina per ben due volte. Il lecchino, come giustamente dici, sarebbe stato un gradino più in su del leccapiatti e, addirittura, forse anche un livello piu su dell’Eccellenza perchè di questi si sarebbe preso gioco per suoi fini, divenendo il vero dominatore della situazione.
La poesia si apre con un mordace “Crepàti, o liccapiàtti!”. Quale è il significato di questo epiteto: “liccapiatti”?. Nell’edizione “Le poesie”, a cura di Antonio Falcone e Giuseppe Piromalli, trovo una nota esplicativa: “lecchini”, che non mi pare cogliere il vero significato del termine usato da Michele Pane, come tenterò di spiegare nel sèguito di questo breve commento.
Nella vecchia civiltà contadina, i cani erano un elemento indispensabile, perché assicuravano la guardia (soprattutto notturna) e la difesa. Durante i pasti, essi scodinzolavano girando intorno, in attesa che venisse dato loro qualcosa, come viene magistralmente descritto nella poesia “‘U piecuraru e ri cani” di Vittorio Butera.
Per quanto oggi possa apparire disgustoso e stomachevole, alla fine del pasto il piatto veniva posato a terra per accontentare il cane, a cui si consentiva di leccarlo, pulendolo completamente (naturalmente poi il piatto veniva lavato prima di essere nuovamente usato).
E’ rimasta così l’allocuzione “Cce fa lliccare ‘u piattu” per dire di uno che viene accontentato con poco, senza che gli venga consentito di partecipare ad un grande affare o ad una grande spartizione.
Credo dunque che nel termine “liccapiatti” si trasferisca una nota di estremo disprezzo: come a dire “cani!”, “servi accondiscendenti!”. Quindi, non il lecchino che cerca di avere un guadagno con una condotta servile (attraverso una scelta razionale), ma un essere inferiore per sua intrinseca ed immutabile natura.
Congratulazioni per il servizio giornalistico e grazie per le numerose citazioni dell’associazione. Speriamo di fare molta strada insieme. A presto. Franco Calomino
Il sottotitolo (vrognata in La maggiore) deriva certo da vrogna, strumento musicale eccetera ecc., usato anche dai marinai che se ne servivano, nel buio o con la nebbia, per evitare collisioni.
A Ripacandida la vrogna è una sorta di “tromba fatta dal corno della vacca”.
Il suono è grave e cupo, simile sia al corno di vacca che a quello della sirena di nave.
Nel Glossario etimologico di Luigi Telesca si legge: “Strumento musicale a bocca, usato dai pastori per richiamare armenti”.
Così anche a Nocera la vrogna era usata per chiamare anche i maiali ed il termine è ancora in uso in senso figurato e significa “grugno, muso lungo, attapirato”.
Nell’uso che ne fa Pane è chiaro il riferimento all’attapiramento che la sua “vrognata il La maggiore” avrebbe provocato al destinatario o destinatari dell’opera non ancora identificati.
La statura di Michele Pane riscontrata sul suo foglio matricolare di soldato era 1,62 metri. Non si può dire che era basso in senso assoluto, ma certamente non alto. Ne parlo a pagina 49 del libro.
D’altra parte era questo il suo punto debole perchè altrimenti, come si vede dalla famosa foto col cappello, appare un bel giovane elegante.
Poi si ingrassò eccessivamente e quindi il suo fisico dovette apparire ancora più tarchiato. Anche la precoce caduta dei capelli gli dovette provocare qualche problemino. Nella fotografia di pagina 275 è ritratto con la sua famiglia ed appare poco più alto della moglie che però è seduta.
Caro Peppe,
durante la presentazione del tuo libro a Cosenza, mi sembra che tu abbia accennato alla bassa statura di Michele Pane, che era di circa 1.65 m (non sono sicuro di avere compreso bene questo passaggio, che tu hai solo accennato). In realtà, quella statura era la statura media italiana maschile per quei tempi. La statura media odierna in Italia è di m 1.74-1.75 ( in Calabria 1.72-1.73), ma è aumentata di 1.06 cm ogni decade tra il 1895 ed il 1990. Penso dunque che per quei tempi non era basso, anzi non lo sarebbe neanche oggi visto che la Corte Costituzionale ritiene basso un uomo alto meno di 1.63. E poi il poeta era orgoglioso (“e spidu li rivali, si cci nde su”, dice in Brigantisca). Saluti affettuosi.
Venanzio
Thank you so much Mr. Falvo for visitng the grave of my granfather and granmother and for all the heartfelt commentary. I commend you on being able to find the gravesite because it is not so easy to find, I myself have had trouble in the past. Thank you for leaving flowers and for posting the video of your trip there.
Thank you John it was a beauitful video that you put on for everyone to see, I am trying to but the book you spoke of will have to write to you.
Ivana
Carissimo Peppe, come sempre il tuo lavoro è eccellente! Una ricerca precisa e accurata,una passione profonda che si legge tra le righe, alcune informazioni veramente originali che non conoscevo.
Complimenti
Grazie a Giovanni Falvo per aversi preso cura di visitare il posto dove riposa il grande poeta Calabrese Michele Pane.
Con la sua visita e il filmato siamo molto piu’ informati di chi era Michele Pane e dei suoi scritti. A nome di tutti i Calabresi, Grazie!
Bravo Giovanni! Come sempre sei un vero Calabrese e Italiano. Con il tuo filmato hai fatto presente a tutti di chi era Michele Pane e dei suoi scritti. Ti ringrazio a nome di tutti i Calabresi.