Omaggio a Michele Pane al Terrazzo Pellegrini di Cosenza
Scritto on 12 Apr, 2012 in News, Eventi e manifestazioni | 1 commento
Ieri 11 aprile 2012 una manifestazione in omaggio a Michele Pane si è svolta nella prestigiosa sede del «Terrazzo Pellegrini» di Cosenza. A volerla e ad organizzarla è stata l’Associazione I 13 Canali di Cosenza (link al sito), nata con il preciso scopo di difendere e valorizzare il patrimonio culturale del dialetto.
La manifestazione è iniziata con il saluto di benvenuto della responsabile della Casa Editrice Pellegrini — presso cui ha sede ufficiale l’Associazione I 13 Canali — seguito dall’intervento del prof. Mario Iazzolino, Presidente della stessa. Il professore ha ricordato le finalità del lavoro del gruppo che coordina ed ha svolto una dotta dissertazione sul rapporto linguaggio-lingua nazionale-dialetto che a breve metterà a disposizione del pubblico sul sito dell’Associazione.
E’ stata poi la volta del prof. Franco Ferlaino, Cultore di Etnologia presso l’Università della Calabria, che ha trattato della biografia di Michele Pane, soprattutto per alcuni aspetti della sua formazione scolastica e umana, alla luce delle novità contenute nella biografia sul poeta scritta da Giuseppe Musolino. Ferlaino ha evidenziato l’importanza del minuzioso lavoro svolto dall’autore, definendolo, come già aveva fatto, un lavoro di “carotaggio” attraverso la vita, la società, le persone, gli usi, i luoghi che hanno avuto a che fare con Michele Pane.
Il prof. Giuseppe Musolino, autore della biografia Michele Pane. La vita, ha parlato della vita e dell’opera di Michele Pane avvalendosi della presentazione di materiale documentario e fotografico inedito, molto apprezzato dal numeroso e competente pubblico intervenuto.
Nel corso della manifestazione ci sono stati degli intermezzi con la lettura delle poesie di Michele Pane da parte di alcuni appassionati componenti dell’Associazione, che hanno nel piacere di leggere per sè e agli altri le poesie dialettali, uno dei motivi principali per lo stare insieme. Il prof. Franco Calomino ha letto I tumbari, Ciccio De Rose Cuntrattu, Antonio Martire Maju e Maria Luigia Campolongo ha concluso con una partecipata e apprezzatissima lettura di Tora, ‘A serenata e ‘A catarra.
Altre immagini della manifestazione nella Photogallery a questo link.
Leggi tutto«Michele Pane come non l’avete mai letto» di Francesca Cannataro
Scritto on 5 Apr, 2012 in News, Recensioni | 0 commenti
È stato pubblicato sul mensile «Sport & Turismo» di marzo 2012 un articolo di Francesca Cannataro sulla presentazione del volume «Michele Pane. La vita» avvenuta presso la libreria Ubik di Cosenza lo scorso 16 febbraio 2012.
Si tratta di un bellissimo articolo che coglie gli aspetti fondamentali trattati durante la manifestazione e di cui ringrazio l’autrice.
Intervista a Carmelo Calci, curatore della mostra «Garibaldi e i volontari calabresi nell’epopea risorgimentale»
Scritto on 3 Apr, 2012 in News | 0 commenti
Pubblicata in «Storicittà. Rivista d’altri tempi», Anno XXI, n. 199, Gennaio-Febbraio 2012, p. 54.
D. Allora, Carmelo, dopo quanto abbiamo fatto per la memorabile giornata del 18 agosto scorso, quando è stata apposta la prima targa marmorea al Palazzo Stocco di Decollatura, ti ho ritrovato a Lamezia con questa eccezionale mostra. Cosa c’è ancora da fare per ricordare il Risorgimento in Calabria?
R. Ricordo ancora con emozione quel giorno. Verso la fine di luglio so da una tua telefonata (era la prima volta che ci sentivamo) dell’intenzione da parte del Comune di Decollatura di apporre una lapide sulla casa natale di Francesco Stocco, non mi sembrava vero. Nel mio primo articolo sul generale di Decollatura (Storicittà n. 176, Ottobre 2009) così concludevo Nel 2010 ricorre il 150° anniversario della “Spedizione dei Mille” e il 130° anniversario della morte del generale Stocco. Quale occasione migliore per l’Amministrazione Comunale di Lamezia Terme per ricordare e onorare il suo illustre concittadino e in nota A Nicastro, ora Lamezia Terme, esiste una piazza intitolata al generale Stocco nei pressi del palazzo della sua residenza. Certo, la piazza si prestava ad accogliere un monumento, ma è incredibile come non si sia mai pensato di apporre almeno una targa sull’edificio in cui visse e morì. È l’occasione per porvi rimedio. E finalmente, grazie al buon lavoro che abbiamo fatto a Decollatura, anche con l’amico Massimo Iannicelli, abbiamo potuto collocare l’8 novembre scorso un’altra lapide al Palazzo Stocco a Lamezia Terme. Adesso si spera di completare l’opera con l’apposizione di una nuova lapide a ricordo del passaggio di Garibaldi a Palazzo Stocco di Decollatura il pomeriggio del 30 agosto 1860, mentre si stava concludendo il disarmo delle truppe borboniche a Soveria Mannelli. Un altro augurio è che si possa istituire nei locali al piano terreno dello stesso palazzo, magari dopo un attento restauro, un museo con il cospicuo e importante materiale che ancora conservano i discendenti del generale Stocco. Quindi come vedi c’è un legame, un filo conduttore con quella manifestazione di Decollatura. La mostra di Lamezia potrebbe essere la prima pietra per un Museo del Risorgimento; a seguito di questo evento, infatti, il sindaco Gianni Speranza vorrebbe che si realizzasse. Molti discendenti di patrioti lametini sono disposti a donare al Comune i propri cimeli e qualcuno già l’ha fatto. Ecco, questo si può fare subito e forse e il modo migliore per ricordare il Risorgimento in Calabria.
D. Avendo approfondito lo studio sui documenti del Risorgimento, e in particolare quelli riguardanti il 1848 e il 1860 nel territorio lametino e il suo comprensorio, che idea ti sei fatto sul ruolo svolto da questo territorio e i suoi uomini nel garantire la riuscita del grande ideale unitario?
R. I moti del 1848 nel distretto di Nicastro misero in difficoltà l’esercito borbonico di Ferdinando Nunziante e, anche se si conclusero con la disfatta dell’Angitola per mancanza di organizzazione, segnarono in modo indelebile l’ostilità contro il regime di Ferdinando II. L’apporto dei calabresi nel 1860 poi è stato importantissimo. Già nella schiera dei Mille della quale Francesco Stocco ne comandava uno dei sette corpi vi erano ben 21 calabresi. Lo stesso Stocco ebbe un ruolo rilevante nella preparazione del passaggio dell’esercito meridionale in Calabria, tanto che fu un vero e proprio trionfo e Garibaldi lo ricordò più volte. Un trionfo poco percepito nella letteratura risorgimentale da essere solo accennato, proprio perché, a parte la battaglia di Reggio Calabria, tutto fu così rapido, ma ripeto, fu soprattutto grazie ai volontari calabresi che Garibaldi poté raggiungere Napoli in tutta tranquillità.
D. Veniamo alla mostra che hai curato per Lamezia Terme. Qual è stata l’idea, quale il filo logico che ha ispirato la tua ricerca e la scelta del materiale da proporre al pubblico?
R. Ho curato altre mostre fuori della Calabria ed ho pensato che era il momento di farne una anche a Lamezia Terme, mio paese natale, dove – come dicevo prima – il contributo all’unificazione del Paese è stato notevole. Basti pensare a personaggi come Giovanni Nicotera e Francesco Stocco e ai tantissimi volontari coinvolti, meno noti. L’idea è stata quella di rammentare soprattutto ai giovani gli ideali dei tantissimi nostri patrioti che combatterono e rischiarono la propria vita per l’unificazione dell’Italia. Dobbiamo far conoscere con studi, pubblicazioni e quant’altro questi personaggi spesso dimenticati.
D. Visto che – immagino – necessariamente avrai toccato con mano tutti i pezzi esposti, mi dici qual è quello che ti ha suscitato più emozione pensando all’uomo o alla situazione a cui è legato?
R. I due busti di Garibaldi e Mazzini dello scultore Giovanni Spertini e quello in terracotta di Garibaldi esposto nella sala con gli affreschi di Giorgio Pinna; poi i ritratti di Giovanni Nicotera, dei fratelli Francesco e Michele Matarazzo, di Francesco Fiorentino e di Nicola Sposato. Questi illustri figli di Sambiase li ho sempre visti fin da giovane nella sala consiliare e non avrei mai pensato di poterli esporre in una mostra da me curata; lo stesso vale per la statua di Carlo Pisacane proveniente dal palazzo Nicotera di Sambiase. E poi c’è la serie delle sette medaglie del Risorgimento Italiano coniate e incise dal milanese Francesco Grazioli di cui sto curando una pubblicazione: trovarle tutte insieme in un cofanetto di palissandro è stata una vera emozione. Ugualmente ad esempio per il biglietto della lotteria in favore di Giovanni Nicotera del 1859, quando era rinchiuso nelle carceri dell’isola di Favignana; pensa, il n. 3 è uno dei primi e mi ricorda come i mazziniani si davano da fare per raccogliere del denaro per Giovanni Nicotera che aveva promesso a Carlo Pisacane, morente, di adottare la giovane figlia Silvia.
D. Che percorso nella visita suggeriresti ad un visitatore che non sa ancora niente della mostra?
R. Il percorso, per come ho allestito la mostra, dovrebbe essere obbligato se si tenesse aperto l’ingresso principale, dove già per le scale sono i ritratti dei Mille di Marsala e due grandi litografie con i ritratti della famiglia e gli episodi salienti della vita eroica di Garibaldi che non abbiamo potuto esporre all’interno per mancanza di spazio. La visita dovrebbe iniziare da qui e comunque, essendo articolata in due sezioni, si può scegliere se visitare prima lo spazio espositivo dedicato ai Padri della Patria e ai fatti più salienti del nostro Risorgimento e poi quello dedicato ai volontari calabresi, o viceversa. Chi visita il Museo Archeologico, incontrerà prima la sezione dei Calabresi. Purtroppo spesso l’ingresso principale è chiuso e molti accedendo dal Museo senza visitarlo, entrano direttamente alla mostra dalla parte sbagliata.
D. Quale altro oggetto avresti voluto nella mostra ma che, per qualche ragione, non è stato possibile ottenere o inserire?
R. Guarda, uno dei miei amici prestatore è ritornato a Milano con mezzo furgone di cimeli e tanti ancora dei miei personali e di altri del lametino non li abbiamo potuti esporre per mancanza di vetrine. Mi dispiace inoltre di non aver potuto ampliare la sezione dedicata agli antagonisti – mi riferisco ai borboni, agli austriaci e ai papalini – e poi per non aver potuto allestire una sezione fotografica.
D. A chi vuoi mandare un grazie per la riuscita dell’iniziativa?
R. Al sindaco Gianni Speranza che ha accolto la richiesta per la realizzazione della mostra e a Giuseppe Garibaldi, pronipote dell’Eroe per la cortese disponibiltà. Un grazie di cuore a tutti i prestatori Salvatore Scavuzzo, Eredi Antonio, Giovanni e Paolo Stocco, Emilio Cataldi, Maria Luigia Cimino-Proto, Napoleone Fiore Melacrinis, Maria Grazia Colombo, Gianluca Virga, Gianluigi Parpani, Angelina Maione, Umberto Zaffina; a Roberto Spadea della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria e al personale statale e comunale del Museo, a Vincenzina Siviglia, Nicola Purri, Giuseppe Ruberto, Lucio Leone, Fabio Butera, Antonella Sterlicchio, Claudio Baio, Roberto Avati, Michela Cimmino e a tutti coloro che a vario titolo hanno contribuito alla riuscita dell’evento.
D. Ci sarà una pubblicazione del catalogo della mostra?
R. Il catalogo naturalmente è previsto e io ho tutto pronto e spero tanto che si trovino le risorse per la stampa, sarebbe un vero peccato non farlo.
D. Che cosa ho dimenticato di chiederti e che risposta mi avresti eventualmente dato?
R. Non mi hai chiesto se sono soddisfatto. Ti avrei risposto di sì, nonostante il poco tempo che ho avuto a disposizione – essendo lontano da Lamezia – per una più idonea collocazione da dare agli oggetti per una maggiore fruibilità da parte dei visitatori, per garantire una migliore coerenza ed eleganza all’insieme che è un elemento fondamentale per la riuscita di una mostra. In ogni caso spero che questo evento sia motivo di riflessione e contribuisca perché i nostri concittadini si possano riprendere la parte di orgoglio che spetta a loro per aver avuto degli antenati che hanno onorato il loro paese e l’Italia intera!
Grazie, Carmelo.
Giuseppe Musolino
Leggi tuttoRicordati i Patrioti Sambiasini
Scritto on 18 Mar, 2012 in News, Eventi e manifestazioni | 0 commenti
Si è svolta ieri, sabato 17 marzo 2012, nella Sala Consiliare dell’ex Municipio di Sambiase, la manifestazione voluta dal Comitato Patrioti Sambiasini per ricordare coloro che parteciparono alla Rivoluzione del 1848 e del 1860. La manifestazione, patrocinata dal Comune di Lamezia Terme, si è svolta alla presenza di S.E. il Prefetto di Catanzaro Antonio Reppucci, il Consigliere Regionale On. Mario Magno, il Sindaco di Lamezia Terme prof. Gianni Speranza e un numeroso e qualificato pubblico.
La Sala Consiliare, definita dal Sindaco Speranza, il «Pantheon di Sambiase» per il fatto di ospitare tutto intorno alle pareti i ritratti dei più insigni cittadini, primo fra tutti, in posizione centrale, quello del Patriota e Ministro Giovanni Nicotera, poi Francesco Fiorentino, il Generale Matarazzo, Enrico Borrello, e così via.
Ieri altri due ritratti sono stati aggiunti quando, sollevando il tricolore che li aveva coperti per tutta la prima parte della cerimonia, i discendenti dei Patrioti Giuseppe Majone e Giovanni Maria Cataldi — rispettivamente nelle persone della prof.ssa Angelina Maione e del dott. Emilio Cataldi — hanno mostrato al pubblico i ritratti dei loro avi donati alla Città che da ieri hanno il loro posto nel Panteon.
Questo avveniva alla conclusione della manifestazione che era iniziata con l’ascolto dell’Inno Nazionale Italiano e che poi era proseguita con gli interventi dei relatori. A coordinare i lavori è stato il Direttore di «Storicittà» Massimo Iannicelli che ha ricordato, come anche ha fatto il Sindaco Speranza, come la sua rivista sia giunta al 20° anno con 200 numeri pubblicati.
All’inizio ha preso la parola la prof.ssa Francesca Muraca del Comitato Patrioti Sambiasini per un saluto e un ringraziamento a quanti hanno collaborato per la riuscita della manifestazione.
Il primo intervento di introduzione al tema è stato quello del prof. Antonio Bagnato dal titolo «Il contributo di Sambiase al Risorgimento Italiano», seguito da quello del prof. Vincenzo Villella centrato sulla figura di Giuseppe Majone del quale ha illustrato doti umane e professionali con la lettura di documenti dell’epoca.
Poi la prof.ssa Filomena Stancati, della quale è stato ricordato il pluridecennale impegno nella ricerca storica, ha parlato del Patriota Giovanni Maria Cataldi del quale ha potuto ricostruire la vicenda grazie alla disponibilità del discendente dott. Emilio Cataldi che ha messo a disposizione l’immenso archivio di famiglia, e in particolare le lettere spedite dal carcere di Ventotene.
A seguire ho proposto il mio contributo sull’influenza che l’ambiente sambiasino ebbe su Michele Pane. E ciò avvenne non solo perchè buona parte dei suopi antenati era di quella città ma perchè a Sambiase frequentò la scuola elementare e le lezioni dello zio Pasquale Fiorentino, fratello della madre Serafina e del filosofo Francesco.
Il prof. Filippo D’Andrea ha delineato brevemente la figura del filosofo Francesco Fiorentino, rimandando agli approfondimenti da lui pubblicati su importanti riviste di filosofia.
Alla fine il Sindaco Speranza e il Prefetto Reppucci hanno preso la parola per complimentarsi con gli organizzatori e ricordare l’importanza dell’impegno.
Da questo link si può accedere alla copia integrale della mia relazione.
Giuseppe Musolino
Leggi tutto
Il dialetto e la sua scrittura
Scritto on 11 Mar, 2012 in News | 0 commenti
Non è compito facile affrontare il problema di come si debbano rendere i suoni caratteristici di ogni particolare lingua o dialetto, né ciò rientra tra gli obiettivi di questo sito o del libro biografico su Michele Pane. Eppure qualche cosa occorre dire su questo argomento, anche su sollecitazione di qualche amico visitatore del sito e appassionato della lingua che chiamiamo dialetto.
Il problema principale consiste su come rendere alcuni particolari suoni per i quali l’alfabeto latino utilizzato per l’italiano non ha lettere o segni adeguati.
Alcuni autori dialettali hanno risolto il problema con la sostituzione di vocali o consonanti con altre che sembravano rendere meglio il suono del dialetto; altri hanno introdotto segni convenzionali; altri ancora hanno raddoppiato le consonanti, e così via.
Il problema era già emerso nel secolo scorso e io ne parlo nella biografia di Michele Pane quando tratto del cambiamento stilistico che si nota tra la sua prima composizione – L’uominu russu – o Trilogia e Viole e ortiche. Proprio in quest’ultima opera, pubblicata nel 1906, Michele Pane riporta una nota scritta da Luigi Accattatis (1838-1916) che si sofferma su come si debba scrivere in dialetto. Ecco le parole di Accattatis:
E, prima di tutto, io debbo presentare al sig. Pane i miei elogi per la inappuntabile ortografia con la quale ha scritto i suoi versi; ortografia seguita correttamente dal bravo proto della “Cronaca” [Cronaca di Calabria]. Eʼ pregio codesto che in Italia, e specialmente in Calabria, pochissimi autori e stampatori vogliono avere, benchè nel “Trattatatello fonetico-grammaticale” premesso al citato Vocabolario [il suo Vocabolario del dialetto calabrese] io deplori lo sconcio secolare di una lessigrafia stupida, barocca, irragionevole e ponga in certo modo a posto le cose con un embrione di grammatica calabro-italiana. […] Sono vezzi lamentati e comuni alla maggior parte degli scrittori dialettali: quello di non usare opportunamente della interpunzione, degli apostrofi ed accenti per marcare le consonanti o le flessioni e le attenuazioni delle voci; le afèresi, le metatesi, le apocopi, le sincopi, le paragogi, i vocativi tronchi […] lʼaltro di voler rendere a puntino il suono delle parole, duplicando alla carlona le consonanti, per denotarne la forte impulsione: senza riflettere che la fonetica di ogni regione è il prodotto di conformazioni speciali (determinate dal lunghissimo ed abituale uso del linguaggio, trasmesso di generazione in generazione) delle cavità, delle ossa e dei canali dellʼorgano vocale di ciascun popolo […]
Il delirio di alcuni bravi scrittori calabresi è arrivato fino al punto di scrivere huocu, hidile, hocara, ecc. per rendere il suono aspirato che la labio dentale f ha in Panettieri ed in altri paesi del cosentino, senza nè meno avvertire i lettori che quella h iniziale sta in sostituzione della lettera f, onde è a leggersi fuocu, fidile, fòcara. […] So che il Pane vagheggia il pensiero di raccogliere e pubblicare in volume, col simpatico titolo di “Viole ed Ortiche” le sue produzioni letterarie. Le limi “con mano diurna e notturna”, prima di licenziarle al pubblico, che […] è assai severo e schifiltoso, segnatamente di fronte ai sorrisi delle nove muse. Lʼegregio giovine trova esempi di virilità e di serietà di studi nella propria stirpe, e non gli dispiacerà la franca e rincorante parola di un vecchio amico ed ammiratore di suo zio [Francesco Fiorentino].
Accattatis sostiene che si possono, anzi si devono, usare accenti e apostrofi ma le consonanti devono restare non modificate. Sarà la conoscenza del dialetto che farà emettere al lettore il giusto suono associato ad ogni consonante e vocale, non essendo delegabile a qualche segno la possibilità di “domare” le ribelli conformazioni dell’organo vocale, come le chiama lo studioso sciglianese. E infatti, a ben pensarci, perchè ad un lettore di origini siciliane risulta impossibile, qualunque segno si utilizzi, pronunciare correttamente la “r” ad inizio parola, senza cioè raddoppiarla? Oppure, per restare nell’ambito del territorio del Reventino, perchè un abitante di Carlopoli ha una particolare pronuncia della “l” quando dice “lire” o parole simili e solo con grande esercizio riesce a liberarsene? Lo stesso abitante ha un caratteristico modo di pronunciare la doppia “r” all’interno di una parola che è riscontrabile solo a Scigliano e a San Giovanni in Fiore (che quest’ultimo esempio abbia a che fare con gli spostamenti dell’abate Gioacchino?).
E quindi, se un poeta di questo paese volesse scrivere una poesia contenente una parola con la doppia “r”, ad esempio “carru”, per sentire il suono che egli si aspetta non dovrebbe dotare detta parola di alcun segno speciale perchè verrebbe reso esattamente come se lo aspetta, se a leggerlo però fosse una persona di lingua madre carlopolese.
Il problema vero nasce quando a leggerlo è una persona di un’altra madre lingua. Ma quale segno si potrebbe mai introdurre per rendere possibile ad una persona che non ha mai ascoltato dalla viva voce di un altro la corretta dizione di queste consonanti?
Ben diverso è il discorso se si parla dell’utilizzo di simboli fonetici speciali per rendere possibile la registrazione su carta della pronuncia di una parola in una determinata lingua, per fini di studio.
Per fare un altro esempio, possiamo chiederci come debba essere scritto il nome del paese “Conflenti” di cui è difficile rendere il suono del gruppocentrale “nfle”. Michele Pane risolve utilizzando la doppia j come nella poesia dedicata a una ragazza di Conflenti intitolata Cujjentara (Musa Silvestre, 1930). E’ una soluzione che estende anche ad altre parole che contengono lo stesso suono come ùjju! (Tàrra-ùjju!, in Peccati del 1917) e quindi è chiara la sua scelta. La stessa lettera j Michele Pane adopera per rendere la doppia g di “maggio” che diventa Maju. Il metodo funziona perchè oramai ci siamo abituati ad attribuire a questa j il suono corrispondente a quello che sappiamo essere quello giusto ma guai a pensare che a parità di lettera j si possa risalire alla consonante che ha sostituito poichè, come abbiamo visto, può provenire sia da un gruppo contenente la f sia una lettera g. Per la lettera f abbiamo esempi in
- jure
- jatu
- jumara
per la lettera g:
- praja
- haju
- jettave
- maju
- judice
- jurnu
- jardinera
- fulijnusa
- frijadi
Poi ci sono anche esempi in cui la j, se vista come lettera della lingua scritta, sembra sostituire consonanti di tutt’altro tipo come jocca (che verrebbe da “chioccia”), jazzava, janca. Per il resto Michele Pane non usa altre lettere nelle sue poesie, seguendo quanto dice Accattatis, per cui scrive focularu, fòcara e così via. Una sola volta ho trovato un carattere anomalo e ciè in Cuntrattu (a pag. 15 in Peccati, 1917) dove, al sesto rigo, scrive Yetta, cioè “getta“, che dev’essere sicuramente un errore del tipografo sfuggito alla correzione delle bozze. Un’altra particolarità che può essere interessante segnalare è la parola Vijla che viene scritta in questo modo da Michele Pane quando la pubblica in Accuordi. Sfroffe ‘ncalavrise nel 1911 mentre Gabriele Rocca, quando la include in Musa Silvestre del 1930 la scrive Vijila e non si tratta di un refuso perchè è scritta così anche nell’indice e nel glossario. Evidentemente Rocca ha voluto sottolineare la lunghezza maggiore del suono facendo assumere alla j il valore consonantico da cui d’altra parte trae origine.
La scelta compiuta da Michele Pane è la migliore possibile: introduce il solo simbolo j esterno all’alfabeto italiano e per il resto si affida alla conoscenza che ogni lettore deve avere su come si pronunciano le parole. Non si può caricare il verso scritto di una poesia di segni e simboli con il compito di suggerire a chi non conosce la lingua quali siano i fonemi associati. Utile in studi scientifici ma scrivere o leggere una poesia è tutt’altra cosa! Per molte persone la poesia ha già in sè il valore estetico e sonoro quando è ancora solo scritta, quando i suoni evocati si producono direttamente nel cervello suscitando le stesse, o forse ancora maggiori, emozioni che se ascoltate. E quindi anche il segno grafico deve essere snello, semplice, senza eccessi, come diceva già cento anni fa Luigi Accattatis.
Giuseppe Musolino
Leggi tuttoIl «Corriere della Calabria» parla di noi
Scritto on 5 Mar, 2012 in News, Recensioni | 0 commenti
Il primo marzo appena trascorso nel settimanale «Corriere della Calabria» a pagina 62 è apparso un bellissimo articolo sulla biografia Michele Pane. La vita scritto da Giuseppe Musolino e sul progetto in generale. L’autore è il giornalista Eugenio Furia a cui va un sentito ringraziamento. Ecco l’articolo:
Leggi tutto